«Un Cenáculo para el mundo del año 2000»

En la vigilia de Pentecostés, el Santo Padre recordó, ante miles de fieles, que «en la aurora del tercer milenio, los discípulos de Cristo están plenamente conscientes de que este mundo se presenta como un mapa de difernetes religiones». Se vuelve a repetir la situación del Cenáculo de hace casi 2000 años.

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Avvenire 11.06.2000
«UN CENACOLO PER IL MONDO DEL DUEMILA»
MIMMO MUOLO
Roma. «Il Vangelo non deve essere imposto, ma proposto». Nella veglia di Pentecoste, memoriale della nascita della Chiesa, il Papa rinnova il suo appello per una evangelizzazione che sia rispettosa «della dignità dei popoli, della loro cultura, delle loro tradizioni». «Solo se accettato liberamente e abbracciato con amore – sottolinea infatti – il Vangelo può svolgere la sua efficacia».

Il Pontefice, che ha di fronte a sé una piazza San Pietro gremita da decine di migliaia di fedeli e ancora avvolta dai raggi del sole al tramonto, mette insomma subito l´accento sulla «Giornata di riflessione e di preghiera sui doveri dei cattolici verso gli altri uomini: annuncio di Cristo, testimonianza e dialogo». Giornata voluta proprio da Giovanni Paolo II in occasione della solennità di Pentecoste dell´Anno Giubilare, per riaffermare la necessità di un rinnovato impegno nell´annuncio della Buona Novella. Specie in considerazione del fatto che il 67 per cento della popolazione mondiale ancora non conosce Cristo.

Si ripresenta, insomma, anche alle soglie del terzo millennio la situazione del Cenacolo, la stessa in cui si trovava la piccola Chiesa primitiva il giorno dell´effusione dello Spirito Santo. «E questa sera – spiega il Papa riprendendo quella suggestione – Piazza San Pietro si è trasformata in un grande Cenacolo, nel quale la nostra comunità è raccolta per invocare e accogliere il dono dello Spirito Santo».

Proprio da questo dono deriva la spinta propulsiva che ha portato la Chiesa ad aprirsi a tutte le genti. E dunque, continuando il parallelo tra la prima comunità e quella di oggi, Giovanni Paolo II sottolinea: «È lo Spirito Santo che sparge i «semi del Verbo» nei vari costumi e culture, disponendo le popolazioni delle più diverse regioni ad accogliere l´annuncio evangelico». Questa consapevolezza «non può non suscitare nel discepolo di Cristo un atteggiamento di apertura e di dialogo nei confronti di chi ha convinzioni religiose diverse».

Il Papa ricorda, infatti, che «all´alba del terzo millennio, i discepoli di Cristo sono pienamente coscienti che questo mondo si presenta come una mappa di varie religioni». Tocca ai cristiani, dunque, il compito di «rimanere aperti all´azione dello Spirito Santo». Ed «Egli – aggiunge Giovanni Paolo II – li aiuterà a comunicare, in modo rispettoso delle altrui convinzioni religiose, l´unico ed universale messaggio salvifico di Cristo».

Al tempo stesso, però, «è doveroso mettersi in ascolto di quanto lo Spirito può suggerire anche agli altri. Essi sono in grado di offrire utili spunti per giungere ad una comprensione più profonda di quanto il cristiano già possiede del deposito rivelato». E questa è la via del dialogo, che potrà così offrire al cristiano la possibilità di un annuncio maggiormente adeguato alle personali condizioni dell´ascoltatore».

Infine il Papa non dimentica di mettere l´accento sulla testimonianza vissuta, decisiva, dice, «per l´efficacia dell´annuncio». Solo il credente che «vive ciò che professa con le labbra ha speranza di trovare ascolto». E quando le circostanze non consentono «l´annuncio esplicito», «la testimonianza di una vita rispettosa, casta, distaccata dalle ricchezze e libera di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola la testimonianza di santità, anche se offerta in silenzio, può rivelare tutta la sua forza di convincimento».

Naturalmente, annota ancora il Pontefice, «la fermezza nell´essere testimoni di Cristo» non impedisce «di collaborare nel servizio dell´uomo con gli appartenenti ad altre religioni. Al contrario ci spinge a lavorare insieme con loro per il bene della società e la pace nel mondo». Pace invocata in più lingue anche durante la preghiera dei fedeli. «Perché i responsabili della vita ricerchino le vie della libertà e i popoli si incontrino nell´unico linguaggio dell´amore», dice il lettore arabo. E in cinese si prega perché gli uomini sappiano «accogliere la vita che nasce, custodire la vita che è debole», dimostrando «silenzioso coraggio di fronte al mistero di una vita che muore».

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ZENIT Staff

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