Prot. N. 20020007/FSPX
Dal Vaticano, 5 aprile 2002
A Sua Eccellenza Reverendissima
S.E. Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità
San Pio X
Caro Fratello nel Signore,
da quando sono iniziati i nostri contatti fraterni, per trovare insieme la strada alla piena comunione, credo che abbiamo sperimentato la sollecitudine del Signore misericordioso, che non ci ha fatto certo mancare l’aiuto e il sostegno per mettere insieme il tanto che ci unisce e cercare di superare ciò che ancora ci divide.
Ho letto a suo tempo con attenzione, nella preghiera e non senza sofferenza, la Sua lettera del 22 giugno u.s. Inoltre, ho preso conoscenza di alcuni documenti circa le nostre conversazioni, redatti da membri della Fraternità San Pio X, pubblicati in Internet e trasmessi ad altri mezzi di comunicazione. Ho ripreso a leggere anche le lettere degli Ecc.mi Vescovi della Fraternità San Pio X, le interviste che l´Eccellenza Vostra stessa ha concesso e le lettere che Ella mi ha inviato.
Fino ad oggi, da parte mia, non ho mai accettato di concedere interviste al riguardo, per mantenere il riserbo sui dettagli dei nostri dialoghi, i quali hanno sempre avuto un carattere interlocutorio e discreto, proprio per il grande senso di responsabilità che sento in coscienza per tale materia.
Mi sembra ora conveniente, per amore della verità, precisare qui alcuni aspetti di questo sviluppo di riconciliazione, con l´intento di imprimere ad esso un nuovo slancio, nella franchezza, per superare eventuali sospetti e malintesi, che comprometterebbero il compimento che, non ne dubito, desidera anche l’Eccellenza Vostra.
L´argomento che stiamo trattando avrà, infatti, conseguenze storiche particolarmente gravose, perché tocca l´unità, la verità e la santità della Chiesa ed esso, pertanto, va trattato con la carità ma anche con l´obiettività della verità. Il nostro unico Giudice è Cristo Signore.
Mi permetta ora di fare una breve sintesi storica di questo nostro iter:
1. Intanto, debbo reiterare una verità storica, basilare. La mia prima iniziativa non è dovuta ad alcun mandato Pontificio, né è sorta da un accordo o da un progetto di alcun´altra persona della Sede Apostolica, come invece è stato scritto e diffuso, quasi che si trattasse di una strategia mirata. Come ho già avuto opportunità di dirLe altre volte, l´iniziativa del dialogo è stata del tutto personale.
Nella seconda settimana dell’agosto 2000, ritornando dalla Colombia, ho appreso dalla stampa offertaci in aereo (e soltanto da essa), della partecipazione al Giubileo della Fraternità San Pio X. Motu proprio e senza parlarne con alcuno, ho deciso di invitare i quattro Vescovi della Fraternità ad un pranzo privato a casa mia. L´incontro con fratelli Vescovi voleva costituire un gesto di amore fraterno e creare un´opportunità per una conoscenza vicendevole. Ho avuto, quindi, la gioia di incontrarmi con Vostra Eccellenza e con gli Ecc.mi Monsignori Tissier e Williamson. Come Ella ben ricorderà, non si è trattato alcun tema di fondo anche se, naturalmente, si è parlato dei riti liturgici ed ho avuto modo di essere informato su alcuni aspetti della vita attuale della Vostra Fraternità. Ho manifestato pubblicamente la buona impressione che ho avuto dei suddetti Presuli.
Di questo incontro ho successivamente riferito al Santo Padre, ricevendo da Lui parole di incoraggiamento. Ho espresso il desiderio di mantenere i contatti, per esplorare le possibilità di una tanto auspicata unità. Il Sommo Pontefice mi ha chiesto di proseguire ed ha manifestato la Sua chiara volontà di accogliere la Fraternità San Pio X, promuovendo le condizioni per poterlo fare.
Qualche tempo dopo, ho letto, con intima soddisfazione, l´intervista concessa da Vostra Eccellenza alla rivista "30 Giorni". Il giornalista metteva sulle Sue labbra queste parole: “Se il Santo Padre mi chiama vengo, anzi corro...” Di quest’intervista, nella quale Vostra Eccellenza, liberamente e spontaneamente, esprimeva il Suo pensiero, ho avuto modo di parlare con il Santo Padre, il quale mi ha manifestato, ancora una volta, la Sua generosa volontà di accogliere la Vostra Fraternità.
Pertanto, mi sono messo in comunicazione con i Signori Cardinali Angelo Sodano, Segretario di Stato di Sua Santità, Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Jorge Medina Estévez, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e con Sua Eccellenza Mons. Juliàn Herranz, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi. Tutti hanno manifestato la loro soddisfazione, in vista di un’eventuale soluzione delle difficoltà. Dello stesso parere sono stati i Signori Cardinali Paul Augustin Mayer e Alfons Maria Stickler, che ho parimenti consultato.
Abbiamo così studiato i fondamentali problemi teologici, già presenti nel 1988, quando si preparava un accordo con Sua Eccellenza Mons. Lefebvre. Non ci è sembrato che si presentassero ulteriori problemi. Quindi, abbiamo cominciato a studiare alcune forme giuridiche finalizzate a rendere possibile un reinserimento che, a tutti, sembrava più che auspicabile. La sollecitudine per l´unità della Chiesa, da parte della Sede di Pietro, ha sempre costituito una costante nelle vicende storiche.
A tutti è apparso conveniente che, se Vostra Eccellenza fosse stata d’accordo, il sottoscritto poteva procedere ad un nuovo dialogo, a carattere interlocutorio. Non si trattava di discutere problemi teologici di fondo, bensì di appianare la via alla riconciliazione.
2. Ho, pertanto invitato Vostra Eccellenza, per iscritto; Ella ha amabilmente accettato l´invito e l´incontro ha avuto luogo il 29 dicembre 2000.
Come Vostra Eccellenza ben sa, si è studiata la possibilità della riconciliazione e del ritorno alla piena comunione, come frutto molto concreto e speciale dell´Anno Giubilare. Abbiamo concluso con un pranzo a casa mia, al quale ha partecipato il Rev. Michel Simoulin, in un clima molto fraterno e cordiale.
Informato di questa nuova riunione, nonostante l´intenso cumulo di lavoro di quegli ultimi giorni del Grande Giubileo, il Santo Padre, il 30 dicembre 2000, ha ricevuto nella Sua cappella privata Vostra Eccellenza insieme al Rev. Simoulin. Dopo alcuni minuti di preghiera silenziosa, il Santo Padre ha recitato il "Pater noster", seguito dai presenti, quindi li ha salutati augurando loro un "Santo Natale", li ha benedetti, offrendo loro alcuni rosari ed incoraggiando a proseguire il dialogo intrapreso.
Nello stesso Palazzo Apostolico e in presenza di uno dei Segretari personali del Santo Padre, ho dato lettura a Vostra Eccellenza del Protocollo del dialogo del giorno precedente, che sarebbe stato consegnato al Sommo Pontefice. Ella ha espresso il proprio accordo, precisando due punti: 1) pregare per il Papa nel Canone della Santa Messa non era Suo merito, ma era una disposizione precedente di Mons. Lefebvre; 2) la riserva sul Concilio Vaticano II si riferiva specialmente alla "libertà religiosa", in quanto non si potrebbero limitare i diritti di Cristo circa l´ordinamento pubblico. Il Segretario ha preso nota per riferire al Santo Padre. Per maggiore chiarezza, mi permetto ora di trascrivere qui il suddetto protocollo:
Il giorno 29 dicembre, come già programmato, ho avuto un incontro di carattere interlocutorio con S.E. Mons. Bernard Fellay (Superiore Generale della Fraternità S. Pio X).
L’incontro è stato caratterizzato da viva cordialità e spirito di fede.
1. Posizione di Sua Eccellenza Mons. Fellay
1.1 Manifesta la volontà di essere pienamente cattolico.
1.2 Riconosce Sua Santità Giovanni Paolo II come Successore di Pietro e vuole sottomettersi alla Sua autorità. Ha fatto fare ai seminaristi la promessa di pregare per il Santo Padre e di citare il nom
e di Sua Santità Giovanni Paolo II nel Canone della Santa Messa.
1.3 Accetta il Concilio Vaticano II pur presentando difficoltà su alcuni punti.
1.4 Principali difficoltà:
- ritornando alla piena comunione non rinuncerebbe alla lotta contro il modernismo nella Chiesa, la liberalizzazione, il democraticismo e l’influsso della massoneria;
- dalla esperienza del passato ha sfiducia e paura che la Fraternità venga maltrattata e abbandonata, con conseguente perdita del carisma proprio di difesa della Tradizione;
- ritiene che la Messa di Paolo VI presenti dei silenzi che aprono la via alla protestantizzazione (laici celebranti) e che non evidenziano la dimensione sacrificale della Messa;
- riguardo al Sacramento della Confermazione, ritiene – ma sarebbe da studiare – che l’olio di oliva sia la materia ad validitatem e quando sussiste il dubbio, in qualche candidato, procedono ad un nuovo conferimento sub conditione; ritiene inoltre che alcune traduzioni della formula non siano teologicamente esatte;
- ritiene che il Diritto Canonico apra la strada ad una concezione di collegialità democraticistica (Conferenze Episcopali) che presenterebbe la collegialità a scapito del primato petrino;
- ritiene che il testo conciliare sulla libertà religiosa possa aprire la strada ad interpretazioni relativistiche e protestantizzanti;
- ritiene che esista una forma di ecumenismo che fa perdere l’idea dell’unica Chiesa, con il pericolo di una mentalità protestantica (S. Ecc. Mons. Kasper parla di abbandono dell’ecumenismo “di ritorno”, per un ecumenismo “di strada comune”, che orienta i cristiani verso l’unità riconciliata).
2. La mia posizione
2.1 Il Santo Padre ha le braccia aperte.
2.2 Si sanerebbe la posizione dei Vescovi al presente e per il futuro, con la presentazione delle terne, quando si presenterà il caso.
2.3 La Fraternità sarebbe una Società di Vita apostolica con rito speciale.
2.4 Si segue il protocollo firmato dal Card. Ratzinger e S.E. Mons. Marcel Lefebvre.
2.5 Ci sarà la Commissione speciale con la partecipazione di Vescovi della Fraternità, come previsto nel Protocollo.
2.6 Naturalmente, si toglie la scomunica e si fanno le sanazioni richieste ad normam iuris.
Alcuni giorni dopo, mi è stata chiesta un’udienza con Vostra Eccellenza, che era accompagnato dall´ex abate benedettino, Dom Thomas Niggel (Weltenburg) e da Don Simoulin. Ci fu un dialogo molto intenso, protrattosi per alcune ore. Con molta onestà, Vostra Eccellenza ha presentato alcuni dei Suoi punti di vista concernenti la Santa Messa e le prevedibili difficoltà in questo processo. In quel momento, mi sembrava chiaro che non c´era la negazione di alcun dogma, né dell’Autorità Pontificia. C´erano sì difficoltà d’interpretazione teologica, di valutazione sulla vita e la crisi della Chiesa, di chiarimento o di interpretazione di alcuni testi del Concilio Vaticano II.
Ho ritenuto che questi dialoghi di precisione teologica, certamente importanti e non esenti da difficoltà, potrebbero svolgersi nel seno stesso della Chiesa, dopo aver raggiunto la piena comunione sostanziale, la quale, però, non esclude una sana critica. In ciò condividevano il mio avviso i miei assessori e i Signori Cardinali specialmente coinvolti in questo tema.
Dopo questi avvenimenti, notando la Vostra buona volontà e basandomi sul fatto che la Vostra Fraternità non diffondeva certamente alcuna dottrina eretica, né nutriva atteggiamenti scismatici, avevo osato proporLe, senza consultare previamente nessuno, di stabilire una possibile data per il reinserimento. Ho presentato come data possibile, la Solennità della Santa Pasqua 2001 e l´Eccellenza Vostra, benché sorpreso, non ha escluso questa possibilità, manifestando comunque che, probabilmente, all´interno della Fraternità San Pio X sarebbero potuti emergere alcuni problemi.
Mi sono, quindi, impegnato a cercare una formula che desse alla Vostra Fraternità la piena garanzia di mantenere il proprio carisma di servizio alla Tradizione, di assicurare il rito della Santa Messa di San Pio V e di proseguire pienamente lo sforzo per salvaguardare la sana dottrina e preservare la disciplina e la morale cattolica.
Non credo che si possa correttamente interpretare - come è stato fatto da alcuni dei Vostri - questo mio chiaro atteggiamento e l’intenzione da me manifestata, come se si trattasse di una conversione della Chiesa di Roma, la quale dovrebbe ora ricercare il “depositum fidei” in seno alla Fraternità di San Pio X. Non sarebbe neppure possibile ritenere, che la mia ricerca di dialogo corrisponda a riconoscere un’incapacità da parte della Chiesa universale di uscire da una crisi interna. È una cosa, infatti, molto diversa, parlare come abbiamo fatto nei nostri dialoghi, trascritti nei protocolli, dell´opera comune di fratelli per promuovere la santità della Chiesa, la quale è semper reformanda, nella vita dei suoi membri.
Il Santo Padre ha ricevuto con soddisfazione l´integrale informazione su questa riunione ed ha espresso nuovamente la propria volontà di mantenere le braccia aperte per la riconciliazione.
A questo punto ho convocato una prima riunione plenaria della Commissione Ecclesia Dei, con tutti i suoi Membri e con gli Em.mi Cardinali Felici, Mayer e Stickler. Li ho informati circa l´avvio dell’iter e circa lo stato attuale della questione.
Poco dopo, il Santo Padre ha nominato, per la prima volta, Membri della Commissione i Signori Cardinali Ratzinger, Medina, Billé e S.E. Mons. Herranz. Non è mancato, tra i Vostri, chi ha interpretato tale gesto come una mossa finalizzata a controllare, dominare ed assorbire la Fraternità San Pio X.
3. Ella, caro Mons. Fellay, dopo aver sentito alcuni membri della Fraternità ed aver radunato il Suo Consiglio, ha inviato da me il Segretario della Fraternità San Pio X, Don Selegny, accompagnato da Don Simoulin, con la missione di presentare alcune domande circa le formule per un possibile reinserimento.
Il Segretario, dopo aver ascoltato le mie articolate risposte alle sue numerose domande, si è espresso in un modo estremamente duro circa l’attuale rito della Santa Messa, al quale partecipano i fedeli uniti al Vicario di Cristo e ai loro Vescovi, affermando che tale rito è “mauvais”; inoltre, egli mi informava di aver ricevuto da Lei un mandato per sospendere i dialoghi, se, prima, non venivano concesse le due condizioni previe: togliere la scomunica e permettere a tutti i sacerdoti cattolici di celebrare secondo il rito cosiddetto di San Pio V.
Devo dire che sono rimasto afflitto e perplesso, perché tale passo non risultava consono a quel clima di fede, di cordiale fraternità e di rispetto vicendevole che, fino a quel momento, aveva sostenuto e animato i nostri rapporti.
Sin dall’inizio, partendo da questa fondamentale e positiva disposizione, si è nutrita la speranza di poter porre fine alla situazione irregolare in cui la Vostra Fraternità si trova; anche perché non rilevavo né sentore di eresia, né una Vostra volontà di incorrere in uno scisma formale, ma soltanto il desiderio di contribuire al bene della Chiesa universale, ritenendo che il carisma specifico della Fraternità San Pio X nei riguardi della Tradizione, nel contesto attuale, non avrebbe potuto che giovare al cammino della Chiesa.
Non si trattava assolutamente di una "trappola", ordita al fine di farvi tacere o di distruggere il Vostro movimento, né si è mai seguita una strategia basata su intenzioni nascoste o con secondi fini, come alcuni di Voi hanno invece scritto.
Posso dire che da parte della Santa Sede e di tutte le persone coinvolte in questa difficile ma promettente vicenda in favore dell’unità della Chiesa, non è mai mancata una leale volontà da parte nostra di veder riconciliata la Fraternità San Pio X con la Sede di Pietro, affinché, con il su
o carisma particolare di servizio alla Tradizione, essa possa contribuire all’opera missionaria di nuova evangelizzazione.
Pur non avendo dubbi della disponibilità di Vostra Eccellenza a proseguire il nostro dialogo verso la meta desiderata, rimango però sorpreso per le dichiarazioni che Lei ed altri membri della Fraternità San Pio X hanno fatto al riguardo.
Mi pare, infatti, che tali Vostre dichiarazioni, che sembrano porre in dubbio la sincerità delle intenzioni della Santa Sede, non siano utili a far prosperare i nostri sforzi comuni, suscitino un clima meno favorevole e pongono un interrogativo circa la comprensione di questa importante materia da parte della Fraternità San Pio X.
Mi permetto, quindi, a seguito di tali Vostre dichiarazioni, di elencare alcuni di questi atteggiamenti e affermazioni contraddittorie, nelle quali mi sembra sia incorsa la Vostra Fraternità, che destano perplessità e sono in contraddizione con la Tradizione della Chiesa. Del resto, come non potrei affrontare questi punti dolorosi, se essi contengono domande o almeno invitano a dei chiarimenti?
Vengo ora ad elencare alcuni di quei punti, di cui siamo venuti a conoscenza
Circa il giudizio sulla situazione
“Il est indéniable que les dysfonctionnements dans la Hiérarchie catholique…, les lacunes, les silences, les inductions, les tolérances d’erreurs et même des actes positifs destructeurs se rencontrent jusque dans la Curie et malheureusement jusque chez le Vicaire du Christ. Ce sont des faits publics et constatables par le commun des mortels”
(Lettera di Mons. Bernard Fellay al Card. Castrillón, Menzingen, 21 gennaio 2001)
Questo attacco frontale alla gerarchia della Chiesa cattolica, incluso il Papa, e il rimprovero di aver abbandonato la Tradizione, costituisce, di fatto, una pericolosa pretesa di giudicare anche la Suprema Autorità. In linea con l’insegnamento del Concilio Vaticano I (Pastor Aeternus Dz 1830), crediamo che nessuno possa arrogarsi il diritto di giudicare la Santa Sede “cuius auctoritate maior non est, iudicium a nemine fore retractandum, neque cuiquam de eius licere iudicare iudicio”.
Già lo diceva al nono secolo Nicolò I, nella lett. "Proposueramus", (MGH Epistolae 6, 465.474-475): “Il giudice non sarà giudicato né dall’imperatore, né da tutto il clero, né dai principi, né dal popolo... “La sede principale non sarà giudicata da nessuno”...
Non si possono dimenticare, nella linea della vera Tradizione cattolica, anche questi altri asserti del Concilio Vaticano I sulla Chiesa cattolica. La Chiesa cattolica, infatti, “a Domino nostro Iesu Christo, Salvatore humani generis ac Redemptore, claves regni accepit: qui ad hoc usque tempus et semper in suis successoribus, episcopis sanctae Romanae Sedis, ab ipso fundatae eiusque consecratae sanguine vivit et praesidet et iudicium exercet” (Pastor Aeternus DZ 1824); cosicché la Chiesa Romana “custodita cum Romano Pontifice tam communionis quam eiusdem fidei professionis unitate, Ecclesia Christi sit unus grex sub uno summo pastore. Haec est catholicae veritatis doctrina, a qua deviare salva fide atque salute nemo potest.” (Pastor Aeternus DZ 1827).
Sempre nella stessa Pastor Aeternus si legge, a proposito della Sede Apostolica: “quia in Sede Apostolica immaculata est semper catholica reservata religio, et sancta celebrata doctrina. Ab huius ergo fide et doctrina separari minime cupientes (…) speramus, ut in una communione, quam Sedes Apostolica praedicat, esse mereamur, in qua est integra et vera christianae religionis soliditas.” (Pastor Aeternus DZ 1833).
La Fraternità San Pio X muove l’accusa per cui la verità sarebbe stata abbandonata dalla Chiesa che, con nota negativa, chiama “conciliare”:
“L’église conciliaire est comme une termitière qui se ronge de l’intérieur. Depuis 30 ans et plus, ce sont les mêmes principes qui sont mis en application, avec une cohérence imperturbable, malgré leurs fruits catastrophiques” - “Alors nous préférons conserver notre liberté d’agir pour toute l’Eglise, sans nous laisser mettre en isolement dans le zoo de la Tradition. Il faut secouer le monde catholique qui s’endort dans la léthargie post-conciliaire…“
(Intervista di Mons. Fellay nella rivista “Pacte”, estate 2001)
Inoltre in una lettera indirizzata a me, Vostra Eccellenza scriveva:
“De notre côté, il me semble pouvoir affirmer, en suivant les papes Pie XII et Paul VI, que l’Eglise se trouve dans une situation littéralement apocalyptique”
(Lettera di Mons. Fellay al Card. Castrillón, 22 giugno 2001)
Non riesco a capire a quali parole esatte di Pio XII si riferisca Vostra Eccellenza. Non ho alcuna difficoltà a riconoscere, con Papa Paolo VI, che “il fumo di Satana” si è introdotto nella Chiesa, anche se il contesto dell’affermazione era limitato. In realtà mi sembra che ad ogni epoca della storia della Chiesa, talvolta più talvolta meno, si possa parlare di situazione di Apocalisse. Ma non ci si dovrebbe meravigliare del peccato, poiché è la grazia che desta sorpresa. Nonostante la decadenza della pratica della fede, anche nel vecchio continente europeo, e la presenza, qui e là, di certi abusi nella disciplina e nella liturgia, è spropositato, falso ed inaccettabile affermare che la Chiesa e il Papato hanno perso la fede.
Santa Caterina da Siena scriveva a Barnaba Visconti, Signore di Milano:
“E’ stolto colui che si dilunga o fa contro questo Vicario, che tiene le chiavi del sangue di Cristo crocifisso. Eziandio se fusse demonio incarnato, io non debbo alzare il capo contro a lui, ma sempre umiliarmi, chiedere il sangue per misericordia.
E non mirate, che il demonio vi porrà e vi ha posto innanzi il colore della virtù, cioè una giustizia di voler fare contra i mali pastori per lo difetto loro. Non credete al demonio: non vogliate far giustizia di quello che non tocca a voi.
Dio non vuole che voi, né veruno, vi facciate giustiziere de’ ministri suoi. Egli l’ha commesso a sé medesimo, ed esso l’ha commesso al Vicario suo: e se il Vicario non lo facesse, umilmente dobbiamo aspettare la punizione e correzione del sommo Giudice, Dio eterno.” (Epistolario, vol. I, Lettera n. 28)
Ancora circa questa situazione, devo dire che mi rattrista constatare che le Vostre pubblicazioni, nonostante il lodevole desiderio di mettere in guardia contro certi errori e peccati, non abbiano quella sensibilità necessaria per far gustare la grazia e gli elementi positivi, pur in mezzo ai difetti.
Circa i problemi dottrinali
“Ce sont précisément les nouveautés de la nouvelle théologie, condamnées par l’Eglise sous Pie XII, qui font leur entrée à Vatican II. … On voudrait nous faire croire aujourd’hui que ces nouveautés seraient en développement homogène avec le passé? Elles ont été condamnées au moins dans leur principe.”
(Lettera di Mons. Fellay al Card. Castrillón, 22 giugno 2001)
Secondo il parere della Fraternità San Pio X, ci sarebbe un allontanamento della Chiesa cattolica dal “depositum fidei”:
“Nous ne sommes qu’un signe de la terrible tragédie que traverse l’Eglise, peut-être la plus terrible de toutes jusqu’ici, où non seulement un dogme mais tous sont attaqués…”
(Lettera di Mons. Fellay al Card. Castrillón, 22 giugno 2001)
“Un magistère qui contredit l’enseignement du passé, (par exemple l’œcuménisme actuel et Mortalium Animos), un magistère qui se contredit lui-même, (voir la déclaration conjointe sur la justification et la note précédente du cardinal Cassidy, ou la condamnation et la louange du terme Eglises Sœurs), là est le problème lancinant. … Les milliers et millions de fidèles catholiques qui déchoient de la foi se damnent à cause de ces défaillances de Rome, voilà notre souci.”
(Lettera di Mons. F
ellay al Card. Castrillón, 22 giugno 2001)
“Cette crise magistérielle pose un problème quasi impossible à résoudre pratiquement. … Et le cauchemar s’étend de la Curie aux évêques résidentiels”.
(Lettera di Mons. Fellay al Card. Castrillón, 22 giugno 2001)
Vostra Eccellenza, dichiara di credere nell’indefettibilità della Chiesa, e volentieri si riconoscono i Vostri meriti anche per la vigorosa lotta contro alcune tendenze sedevacantiste. Tuttavia, per quanto riguarda la citazione del Concilio Vaticano I (DZ 1836), circa il carattere, l’oggetto e il fine dell’infallibilità del Romano Pontefice, mi sembra che sia necessario citare in modo completo il contenuto in questo paragrafo e in quello successivo:
“Quorum quidem apostolicam doctrinam omnes venerabiles Patres amplexi et sancti Doctores orthodoxi venerati atque secuti sunt; plenissime scientes, hanc sancti Petri Sedem ab omni semper errore illibatam permanere, secundum Domini Salvatoris nostri divinam pollicitationem discipulorum suorum principi factam: ‘Ego rogavi pro te, ut non deficiat fides tua: et tu aliquando conversus confirma fratres tuos’ (Lc 22,32).”
L’assicurazione divina, espressa in questo testo, che la Sede dell’Apostolo Pietro rimarrà per sempre illibata da ogni specie di errore, non permette che si possa accusare l’attuale Pontefice, facendo riferimento ad un Concilio antecedente, come se non ci fosse continuità tra i Concili e come se la promessa del Signore non fosse più valida a partire dal Concilio Vaticano II. Il carisma indefettibile della verità e della fede (cf. DZ 1837: “Hoc igitur veritatis et fidei numquam deficientis charisma Petros eiusque in hac cathedra successoribus divinitus collatum est…”) non si trova in grado minore nella persona di Giovanni Paolo II, la cui fede è quella della Chiesa di sempre.
Se l’Eccellenza Vostra considera seriamente questa dichiarazione circa la fides numquam deficiens del Romano Pontefice, riterrei che occorrerebbe più coerenza teologica nel riflettere sullo sviluppo organico del Magistero della Chiesa negli ultimi anni.
E’ vero che si constatano divergenze di opinioni, di formazioni teologiche, tra i Presuli della Chiesa, tuttavia una semplice espressione, anche fatta dallo stesso Pontefice, non costituisce un atto magisteriale; tutti sappiamo che esiste una gradualità nell’autorità di quanto si dice.
Criticare questo genere di dichiarazioni e anche qualche orientamento di governo è sempre possibile. La critica, però, richiede un’autentica comprensione del pensiero altrui e deve partire dal presupposto della vera fede cattolica. Se si dimostrano incoerenze, la critica, fatta con umiltà e carità, diventa un servizio da rendere con grande rispetto e spirito di collaborazione sincera.
Origene, Contro Celso, 3,12-13: “Le Scritture, da tutte riconosciute come divine, furono intese in modi diversi e sorsero sette che presero il nome di uomini, pieni di ammirazione per l’origine della dottrina cristiana, ma giunti, per la sollecitazione di varie cause, a divergenze notevoli. Non sarebbe però ragionevole non volerne sapere di medicina per le varie scuole che in essa vi sono, come non sarebbe conveniente odiare la filosofia prendendone a pretesto le varie opinioni dei filosofi; come neppure per le varie sette sorte nel giudaismo si debbono condannare i libri sacri di Mosé e dei profeti.
Se tutto ciò è logico, perché non dovremmo ugualmente giustificare la presenza di sette tra i cristiani? A questo riguardo mi sembra mirabile quello che dice Paolo: ‘E’ necessario che vi siano anche eresie tra di noi, perché tra di noi si manifestino quelli che sono sperimentati’ (1Cor 11,19). Come nella scienza medica è «sperimentato» chi si è esercitato in diversi metodi e, dopo una saggia ponderazione delle varie scuole, ha scelto la più eccellente; e come nella filosofia ha fatto veramente dei progressi colui che ha aderito alla dottrina più salda dopo essersi esercitato nella conoscenza di molte altre; così direi che tra i cristiani il più saggio è colui che ha studiato con gran cura le varie sette del giudaismo e del cristianesimo. Chi biasima la nostra fede per la presenza di varie sette, deve disprezzare anche la dottrina di Socrate, dal cui insegnamento sorsero varie scuole che non concordano certo tra di loro; e deve biasimare anche la dottrina di Platone a causa di Aristotele, che ne abbandonò l’insegnamento per propalare nuove verità.”
Circa la permanenza degli “stati di necessità”
“Rome est très pressée d’aboutir. Nous le sommes beaucoup moins, comme le disait Mgr Fellay récemment. Après Vatican II le train des réformes s’est mis en marche, petit à petit il a pris de la vitesse. … Il s’élance a une vitesse de plus en plus folle vers l’anti-christianisme total comme le disait si bien Mgr Lefebvre en 1987”.
(Abbé Benoît de Jorna, Superiore del Seminario Saint Pie X à Écône, Intervista con Giovanni Pelli, 15 maggio 2001)
“Rome s’est penchée vers nous en disant: écoutez, vous avez un problème, il faut le régler. Vous êtes dehors, il faut que vous rentriez, moyennant certaines conditions. À nous maintenant de répondre: non ce n’est pas ainsi. Si nous sommes dans la situation dans laquelle nous sommes actuellement (qui est une situation de mise à l’écart et de persécution), nous n’en sommes pas la cause. La cause, elle est à Rome, c’est parce qu’à Rome il y a de graves déficiences que Mgr Lefebvre a dû prendre des positions de retrait, des positions qui permettent de conserver certains bien de l’Eglise qu’on était en train de galvauder.”
(Intervista di Mons. Fellay nella rivista “Pacte”, estate 2001)
“Ce dilemme dans lequel on veut à nouveau nous enfermer, nous le refusons. C’est très clair: nous ne sommes pas dehors, et nous ne nous laisserons pas mettre en cage non plus!”
(Intervista di Mons. Fellay nella rivista “Pacte”, estate 2001)
Nessuno degli eretici e scismatici, attraverso tutta la storia, ha dichiarato di essersi sbagliato. Sempre essi hanno pensato che era stata la Chiesa a sbagliare.
In circostanze particolarmente difficili, non solo di persecuzione, la Chiesa prevede l’eventualità di “stati di necessità”. Ma questi “stati di necessità” sono sempre sottoposti al criterio di giudizio e di corrispondenti provvedimenti dell’Autorità Suprema Ecclesiastica, e non possono essere pretesi, contro o fuori la stessa Autorità Suprema, da forze, pur ortodosse, animate da volontà di riforma e ben intenzionate. La Vostra concezione ed interpretazione di tale “stati di necessità” non è consona alla fede nell’indefettibilità della Chiesa, e infatti non è mai stata condivisa dall’Episcopato mondiale con a Capo il Papa.
Per noi è un dolore vedervi rinchiusi in una tale posizione, che ostacola tanto il desiderato ritorno alla piena comunione.
Circa le basi del dialogo
“Personnellement je ne crois pas à des discussions qui ne porteraient pas sur le fond: sur Vatican II, sur la nouvelle messe, intrinsèquement mauvaise comme nous l’avons toujours affirmé dans la Tradition, sur le nouveau code de droit canonique, qui fait entrer la nouvelle ecclésiologie de Vatican II dans la législation de l’église.”
(Abbé Benoît de Jorna, Superiore del Seminario Saint Pie X à Écône, Intervista con Giovanni Pelli, 15 maggio 2001)
“Après 20 ans de pontificat, Jean-Paul II n’a pas changé. Il est toujours le pape d’Assise. L’idée qui le mène c’est le nouvel œcuménisme issu de Vatican II. … Je pense personnellement qu’il veut nous intégrer dans cette église pluraliste. Intégration qui serait notre désintégration”.
(Abbé Benoît de Jorna, Superiore del Seminario Saint Pie X à Écône, Intervista con Giovanni Pelli, 15 maggio 2001)
“Nous sommes en ce moment au point mort, dans u
ne sorte d’impasse. Je pense que cette espèce de blocage résulte des bases sur lesquelles le dialogue s’était engagé”.
(Intervista di Mons. Fellay nella rivista “Pacte”, estate 2001)
Per qualificarsi “cattolici” si deve sempre, anzitutto, cercare la piena comunione con Pietro. Di fronte a dubbi e problemi, eventualmente, non si può mai escludere la possibilità di muovere quelle critiche che, in coscienza ed umilmente, si ritengano veramente costruttive. Malgrado le difficoltà, ci deve illuminare il pensiero di Leone XIII:
“La Chiesa è unica per l’unicità della dottrina come per l’unità del governo, ed è cattolica; e siccome Dio ne ha stabilito centro e fondamento la cattedra di san Pietro, con ragione viene detta romana: “dov’è Pietro, là c’è la Chiesa” (S. Ambrogio, In Psalmum 40,30: PL 14, 1082). Perciò chiunque vuol qualificarsi con il nome di cattolico, deve sinceramente ripetere le parole di Girolamo a papa Damaso: “Io, non desiderando seguire nessun altro che Cristo, voglio essere in comunione con la tua beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro: so che su questa pietra è stata edificata la Chiesa (cf. Mt 16,18); chi non raccoglie con te, disperde (cf. Mt 12,30) (S. Girolamo, Epistola 15: PL 22, 355)”
(cf. Leone XIII, lett. Testem benevolentiae, 22.1.1899)
Circa il potere del Papa sulla liturgia
Anche se i membri della Vostra Fraternità riconoscono la legittimità del Papa attuale, Giovanni Paolo II, e riconoscono in Lui il vero successore di Pietro e il legittimo Vicario di Cristo, il linguaggio che spesso taluni usano non si dimostra molto rispettoso. Di fatto, sembra che costoro non accettano le prerogative del Papa al riguardo di eventuali modifiche circa la forma rituale del Santo Sacrificio della Messa.
“Nous refusons la nouvelle liturgie car elle met en danger notre foi catholique.“
(Abbé Benoît de Jorna, Superiore del Seminario Saint Pie X à Écône, Intervista con Giovanni Pelli, 15 maggio 2001)
Quest’atteggiamento è da confrontare con l’insegnamento del Magistero anteriore:
Concilio di Trento, Dz 1728: “Praeterea declarat, hanc potestatem perpetuo in Ecclesia fuisse, ut in sacramentorum dispensatione, salva illorum substantia, ea statueret vel mutaret, quae suscipientium utilitati seu ipsorum sacramentorum venerationi, pro rerum, temporum et locorum varietate, magis expedire iudicaret.
Nell’Enciclica Mediator Dei, il Papa Pio XII scrive: “Tutto sia dunque fatto rispettando la debita unità con la gerarchia ecclesiastica. Nessuno si arroghi l’arbitrio di crearsi regole personali e di imporle di sua volontà agli altri. Soltanto il sommo Pontefice, come successore di san Pietro, al quale il divin Redentore ha affidato la cura di tutto il gregge (cf. Gv 21,15-17), e con lui i vescovi, che sotto l’obbedienza della Sede apostolica “lo Spirito santo... ha posti... a pascere la Chiesa di Dio” (At 20,28), hanno il diritto e il dovere di governare il popolo cristiano...”
Mancanze di carità
“True, the Romans may always convert, but, again, given a track-record such as the Vatican’s over the last 40 years, then the burden of proof lies with those who claim they have converted, and not with those who assume, by the Romans’ fruits, that they are still wolves and foxes and sharks!”
(Lettera ai benefattori di Mons. Williamson del 1 febbraio 2001)
“Et le récent message du cardinal Sodano aux pèlerins de Paris à Chartres insiste deux foix en dix lignes sur l’obéissance aux évêques, sur la nécessaire docilité des catholiques traditionalistes à l’égard de leurs persécuteurs de 30 ans. Pour ceux qui s’imaginaient que Rome ouvrait grand ses bras, c’est un camouflet. Un de plus.”
(Abbé G. de Tanoüarn, Rivista Pacte, Estate 2001, p. 11)
Non posso non rilevare con sofferenza che questi toni circa gli intenti della Santa Sede, non aiutano alla riconciliazione, poiché non si va incontro al dono superiore della carità secondo l’insegnamento di Sant’Ireneo:
“Giudicherà anche i creatori di scismi, che sono privi di amore per Dio e cercano il proprio interesse, non l’unità della Chiesa; per una causa piccola e qualsiasi fendono e dividono il grande e glorioso corpo di Cristo e, in quanto è loro dato, lo uccidono; parlano di pace e fanno guerra, davvero filtrano il moscerino e inghiottono il cammello: nessuna loro riforma è paragonabile alla rovina dello scisma. E’ questa la vera gnosi (conoscenza religiosa): la dottrina degli apostoli, tutto l’insegnamento antico della Chiesa nel mondo intero, il segno distintivo del corpo di Cristo, garantito dalla successione dei vescovi, e dai vescovi comunicato a ogni Chiesa particolare. Ciò che è giunto a noi, è la conservazione fedele delle Scritture, la loro esposizione integrale, senza aggiunte o detrazioni; la loro lettura priva di inganno, la loro spiegazione in tutto confacente, corretta, armoniosa, priva di pericolo o bestemmia; è infine il dono eccelso dell’amore, che è più prezioso della gnosi, più prezioso della profezia, superiore a tutti gli altri carismi.” (Contro le eresie, 4,33.7-8)
San Tommaso scrive così sulla sofferenza causata dallo scisma, commentando un passo di San Paolo (1 Co 12, 22):
“Et, similiter in ecclesia, imperfectioribus sunt magis consolationes adhibendae, quibus perfectiores non egent. Unde dicitur Is. 11, 11: in brachio suo congregabit agnos, et in sinu suo levabit, foetas ipse portabit, et, 1 Petr. III, 7 dicitur: viri quasi infirmiori vasculo muliebri impartientes honorem… est notandum quod triplicem defectum circa membra notavit, scilicet inhonestatis, ignobilitatis et infirmitatis. Quorum primum in membris ecclesiae pertinet ad culpam; secundum ad conditionem servilem; tertium ad statum imperfectionis… secundo ponit causam finalem, dicens ut non sit schisma in corpore. Quod quidem sequeretur, si defectui membrorum non subveniretur. Hoc autem schisma quantum ad membra corporis mystici manifeste vitatur, dum pax ecclesiae custoditur per hoc, quod singulis ea quae sunt necessaria attribuuntur. Unde et supra dictum est cap. I, v. 10: idipsum dicatis omnes, et non sint in vobis schismata.”
Cara Eccellenza, la chiarezza schietta della genesi e dell’iter storico, non ha la più lontana intenzione di offenderLa o scomodarLa. Considero la sincerità totale nei rapporti, come una condizione insurrogabile della vera intesa e del successo dei nostri propositi.
Mi consideri, Eccellenza, veramente come un fratello che Le vuole bene e vuole il bene della Chiesa e la sua chiara unità, testimonianza dell’unità di Cristo con il Padre e con lo Spirito, di fronte al mondo. Lei sa che non ho voluto mai propiziare una divisione della Fraternità San Pio X e dei suoi Vescovi, anche se oggi sono convinto che non mancano nel Vostro interno persone che non hanno più la vera fede nella autentica Tradizione della Chiesa; persone che, senza una conversione mossa dallo Spirito Santo, credo che difficilmente torneranno all’unità.
Vostra Eccellenza, conosce con dettagli il fatto da me e da tanti considerato provvidenziale dell’incorporazione nella piena unità del gruppo di Campos. Non dubiterei nel dire che, in questo nostro cammino, c’è un prima e un dopo: prima del Santo Natale 2001 e dopo il Santo Natale 2001.
In quella data, come Lei sa, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha firmato la Lettera con la quale Egli ha accolto nella pienezza della comunione cattolica S.E.R. Mons. Licinio Rangel, unitamente ai sacerdoti membri dell’Unione “San Giovanni Maria Vianney” con tutti i loro fedeli di Campos (Brasile).
Ho avuto la gioia di ricevere personalmente la professione di fede e il giuramento di fedeltà al Romano Pontefice del suddetto Vescovo, unitamente ai sacerdoti dell’Unione, con una commovente celebrazione pubblica, che ha avuto luogo nella Cattedrale diocesana di Campos, lo scorso
18 gennaio, alla presenza di diversi Vescovi e del Rappresentate Pontificio.
Credo fermamente che questo Evento di Campos - che ha ricucito una ferita aperta nel Continente Latino Americano e che è stato celebrato con la commozione di tutti i presenti e sentito come Evento di grazia -, sia a buona ragione un incoraggiamento a proseguire i nostri sforzi tesi a giungere a quel caloroso abbraccio che Pietro desidera poter scambiare con Voi, come lo ha scambiato con l’Unione “San Giovanni Maria Vianney”.
Tale abbraccio si è concretizzato con la forma giuridica più adatta, offerta in modo permanente, allo sviluppo del carisma della suddetta Unione, in seno all’unica Chiesa di Cristo con a Capo Pietro: mi riferisco all’Amministrazione Apostolica personale di Campos, che non è una soluzione transitoria ma è data stabilmente (di questa stabilità e di questa volontà non si può in alcun modo dubitare). So che molte persone, laici, sacerdoti e religiosi della Fraternità San Pio X, vogliono trovare la pace della coscienza, nella piena riconciliazione con la Chiesa.
Già prima degli Eventi di Campos volevo un incontro con Lei, però davanti alla riconciliazione avvenuta e alla nuova Amministrazione Apostolica personale, crederei ancora più opportuno e auspicabile questo incontro con Vostra Eccellenza, dopo le Festività Pasquali, per continuare il nostro dialogo, anche per chiarire, con carità e verità, con un fraterno colloquio, quanto è maturato nel nostro cuore da Campos in poi. Non servirebbe a gran che, credo, continuare un dialogo attraverso scritti, diretti o indiretti, che ci scambiassimo per ottenere chiarezza su cose che invece meritano di essere trattate a livello personale e cordiale, come è già avvenuto tra noi.
Non si può, infatti, non vedere quanto provvidenziale sia stato il rientro nella pienezza della comunione con la Sede di Pietro, proprio nella Settimana dedicata all’Unità dei cristiani, di questi nostri fratelli che condividono con la Vostra Fraternità gli stessi ideali e che ora gioiscono di aver raggiunto ciò che, in coscienza, sentivano non potesse essere più dilazionato: la piena comunione con il Vicario di Cristo.
La sofferenza e la preghiera di tanti fedeli hanno reso possibile questa gioia della piena comunione ritrovata con la Chiesa guidata da Pietro dell’Unione di “San Giovanni Maria Vianney” e sono convinto che il Signore Gesù che ha iniziato questa opera la porterà a compimento.
Ciò che mi ha mosso fin dall’inizio e mi muove oggi a scriverLe è quella Carità di Cristo, che mi spinge a non tralasciare nulla di intentato per far trionfare l’unità, segno verace della Carità! Oggi, ancora di più di ieri, mi da dolore e mi pesa il pensiero di sapervi in una situazione di scomunica, che invece tutti i fedeli di Campos hanno ormai felicemente superato sotto la guida del proprio Pastore.
Sento quindi il grande desiderio di poterLa incontrare quanto prima, assicurandoLe che ho scritto questa lettera con la mente e il cuore immersi nei sentimenti della prossima Domenica 2^ di Pasqua, Domenica della Divina Misericordia.
AugurandoLe ogni grazia e benedizione del Cielo, Le resto unito
in cordibus Iesu et Mariae,
dev.mo
Darío Card. Castrillón Hoyos
Prefetto della Congregazione per il Clero
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Jun 02, 2002 00:00
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